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Nel nome di Sancho Panza
Chi non ha letto “L’onorevole” di Leonardo Sciascia deve farlo assolutamente.
Nessuna recensione potrebbe rendere l’onore dovuto a questo breve testo nel quale è raccontata la vicenda di un modesto professore di liceo, noto come uomo integerrimo, che i notabili della sua città propongono per una candidatura al Parlamento nazionale al necessario scopo di associare al loro partito la faccia di un uomo di provata onestà.
Il professore all’inizio recalcitra; lo fa soffrire l’idea che dovrà sottrarre tempo alle sue letture preferite, prima fra tutte il Don Chisciotte, libro ancora attuale a quasi 500 anni dalla pubblicazione; ma alla fine cede alle lusinghe.
Diversamente da Sancho Panza il quale poteva dichiarare orgoglioso di avere lasciato il Governatorato dell’isola a cui don Chisciotte lo aveva destinato, e cioé povero come era all’inizio dell’avventura, il professore dimentica ogni principio etico a cui aveva educato i suoi allievi e inizia una lunga carriera politica fatta di meschinità e menzogne, intrighi e compromessi, cedimenti e tradimenti pubblici e privati.
Non vogliamo proporre una morale, ma una riflessione.
Sono passati oltre 50 anni dalla pubblicazione de “L’onorevole” ed è cambiato poco. L’avversario è sempre un nemico, o come tale viene presentato, salvo poi a partecipare allegramente a banchetti comuni.
La pantomima continuerà ancora per molto tempo nella convinzione che il popolo è e sarà sempre bue?